domenica 25 novembre 2012

Storia del ragazzo arrestato durante la manifestazione contro l'austerity a Roma: fin dove è giusto difendere i nostri figli?

La cronaca l'ha mostrato su tutte le testate giornalistiche: la manifestazione contro l'austerity tenutasi a Roma il 14 novembre scorso ha registrato episodi di vera e propria guerriglia urbana. Il bilancio conta 8 arresti e 50 fermi.

Tra questi ha fatto particolare notizia uno studente di 21 anni, iscritto al primo anno di Scienze Politiche, Christopher Chiesa. La causa? La reazione del padre Giorgio ha sorpreso tutti: indignato davanti al rilascio del figlio, egli sostiene che Christopher doveva rimanere in carcere. Il padre afferma che se queste persone restano impunite è come glorificarle. In particolare, il padre esorta gli altri genitori a evitare il "garantismo familiare", perchè ciò che è stato compiuto non può essere definito una ragazzata. La permanenza più lunga in carcere avrebbe permesso ai giovani di riflettere meglio sulle azioni da loro compiute, aiutandoli a crescere.

Il padre, addolorato per tutto ciò che è successo, rompe il tradizionale "garantismo familiare", atto a proteggere le azioni, più o meno gravi, dei figli. Ciò porta inevitabilmente a riflettere su un tema molto spinoso: qual'è la posizione più giusta da adottare quando un figlio compie un'azione grave? Fin dove è giusto difenderli e coprire i loro errori?




2 commenti:

  1. Certo è altamente diseducativo difendere i figli a prescindere e coprire i loro errori, ma è altrettanto diseducativo invocare la forza pubblica per "far capire" al figlio ribelle ciò che, come padre, non si è stati capaci di far capire. Invocare i carabinieri o "l'uomo nero" rivela solo incapacità di relazionarsi correttamente o disinteresse. Non vorrei fare lo psicologo della domenica, ma se un figlio fa il ribelle qualche responsabilità deve avercela anche il padre. Comunque, la relazione non migliora invocando la carcerazione.

    RispondiElimina
  2. Ciao Giuseppe, grazie del contributo. Come dici giustamente tu, accanto all'azione delle forze dell'ordine occorre necessariamente un lavoro tra genitori e figlio. Forse il giusto equilibrio sta nel supportare il figlio nella presa di consapevolezza di aver fatto qualcosa di sbagliato e aiutarlo a capire che è giusto che sconti la propria pena. Troppo lontano dalla realtà?

    RispondiElimina