venerdì 14 settembre 2012

Educazione dei figli: I no aiutano a crescere?

Dire “no” ha delle conseguenze immediate che risultano spiacevoli per tutti.


Ai genitori impone il dolore di rifiutare qualcosa ai loro figli, di vedere la delusione, la rabbia o la tristezza sul loro volto, di stare in contatto con le sensazioni spiacevoli che questo può indurre in loro stessi. E’ certamente più difficile, e molto meno gratificante, che dire “sì”.

Nei figli, l’effetto è abbastanza differente, e varia di persona in persona.

Vi sono bambini e ragazzi che fanno spallucce, magari tengono un po’ il broncio, ma poi accettano la limitazione imposta. Altri intavolano estenuanti trattative, cosa in cui sono particolarmente abili gli adolescenti.

In altri casi, si assiste a vere e proprie “escalation” di rabbia da parte dei figli, che non vogliono accettare alcuna limitazione alle loro richieste di gratificazione immediata.


Quindi i genitori spesso si chiedono: Come posso far valere il mio ruolo? Come posso fare affinchè mio figlio mi ascolti?




Il “principio di autorità”, tradotto in parole semplici, significa: “fai/non fare questo perché lo dico io, e non discutere”.

Noi saremmo disposti ad accettarlo? E se anche riuscissimo a farlo valere siamo certi che è questo il rapporto che vogliamo con i nostri figli?

Sicuramente è più utile riferirsi al “principio di autorevolezza”: è più sfumato, e richiede che il genitore si comporti in modo (il più possibile!) fermo, coerente, equo, commisurato, credibile.

"Fermo" implica il fatto che il pianto frustrato di un bambino che fa i capricci (che, ricordiamo, sono il loro mestiere!) non induce il genitore a recedere da una decisione. Rispettare un impegno educativo anche quando al bambino questo non piace è compito proprio dei genitori!

"Coerente" vuol dire che le regole sono chiare e stabili: se un comportamento è proibito un giorno, non può essere premiato il successivo! Un esempio classico è quello dei bimbi che strepitano al supermarket per avere dolciumi o giocattoli. Se abbiamo detto loro che non li possono avere, questo varrà anche tra 5 minuti; se una regola vale con mamma, vale anche con papà (e viceversa…).

"Equo" cioè quanto più possibile bilanciato ed equilibrato per tutti i figli (se l'orario di rientro della figlia 15enne è mezzanotte, non può esserlo anche per la figlia di 13 anni!).

"Commisurato" indica la proporzione tra il comportamento e la sanzione o il premio. Una dimenticanza come non ricordarsi di spegnere la televisione non può essere punita con 15 giorni di castighi, così come una pagella molto scadente non può essere premiata con il motorino nuovo! Ricordiamo anche che premiare un comportamento desiderabile è molto più efficace (e a sua volta desiderabile!) che punirne uno indesiderabile.

"Credibile" è la più difficile. Se preannunciamo una punizione o un premio, allora li elargiremo; altrimenti risulteremo poco credibili.

E’ molto importante ricordare che lo strumento di apprendimento più potente per i figli è riferirsi ai genitori come modelli: anche se inconsapevolmente siamo punti di riferimento per le generazioni successive.

Non serve essere "perfetti": un genitore "perfetto" è solo un modello irragiungibile! Man mano che cresceranno, confrontandosi con le stesse difficoltà che quotidianamente gestiamo noi, i nostri figli comprenderanno il valore delle scelte che facciamo ed, anche se non dovessero comprenderle, potranno accettare il fatto che ci siamo assunti la responsabilità di mostrar loro che le scelte implicano delle conseguenze.


http://www.medicitalia.it/minforma/Psicologia/987/Mio-figlio-non-mi-ascolta-alcune-indicazioni-psico-educative

2 commenti:

  1. Sono d'accordo con l'autorevolezza, la fermezza,la coerenza e l'equità, e aggiungo un'altra cosa importantissima che completa e armonizza il tutto: la tolleranza.

    E' un grave errore sgridare i figli ad ogni piccola sciocchezza. Se si sporcano, si sbucciano le ginocchia, fanno chiasso, benissimo: sono nati per questo, almeno fino ai 16 anni circa. Se non lo facessero ci dovremmo preoccupare...

    Sgridare continuamente i figli significa perdere autorevolezza: si diventa non credibili e si perde il loro rispetto.

    Insomma, bisogna avere soltanto pochi (4-5)punti fermi: per es. non dire bugie,essere puntuali,lavarsi regolarmente,fare i compiti, essere ordinati; ma per il resto bisogna essere tolleranti, altrimenti si verifica l'inflazione del potere genitoriale per cui non ci ascoltano più nemmeno quando siamo severissimi, anzi i genitori perfettini diventano antipatici e odiosi.

    C'è da aggiungere che la stessa tolleranza deve essere tenuta nei riguardi del proprio partner, anziché arrabbiarsi ad ogni piccola sciocchezza...

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  2. Grazie Pasquale per il tuo contributo.
    E' molto importante quello che dici riguardo il concetto di tolleranza, i figli devono poter esplorare, conoscere, scoprire, sentendosi sicuri di poter contare sui propri genitori come dei punti di riferimento sicuri e solidi in modo che possano sempre tornare da mamma e papà per confrontarsi, dialogare, crescere come dovrebbe avvenire anche nel passaggio dell'adolescenza. Infatti, essere troppo permissimi o troppo autoritari rischia nel tempo soprattutto a partire dalla pre adolescenza di non permettere ai figli di sviluppare in modo funzionale un'identità autonoma: da una parte i figli non percepiscono il senso delle regole e del rispetto e possono non avere freni inibitori, dall'altra parte invece esercitando un'autorità troppo rigida tendono a trasgredire le regole e a trovare una valvola di sfogo in comportamenti disfunzionali.
    In questo blog parliamo molto anche del rapporto di coppia e colgo la tua riflessione come uno spunto molto interessante su cui riflettere per salvaguardare il benessere tra due persone.

    Alessandra

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